L’Insubria secondo Almalaurea 2019: laureati in corso che trovano lavoro con facilità
Dati positivi nel XXI Rapporto del consorzio che riunisce 75 università italiane e ha analizzato le performance formative di 280mila laureati e la condizione occupazionale di 630mila laureati del 2018
Ancora buone notizie per l’Insubria da Almalaurea, che ha presentato il suo XXI Rapporto sul profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati durante il convegno «Università e mercato del lavoro» che si è tenuto oggi alla Sapienza di Roma. Le indagini hanno coinvolto i 75 atenei ad oggi aderenti al Consorzio.
Per la sezione sul profilo dei laureati sono state analizzate le performance formative di oltre 280mila laureati nel 2018: in particolare, 160mila laureati di primo livello, 82mila dei percorsi magistrali biennali e 37mila a ciclo unico.
Per la condizione occupazionale oltre 630mila laureati di primo e secondo livello che hanno terminato gli studi nel 2017, 2015 e 2013 sono stati contattati rispettivamente a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo.
Soddisfatto il rettore Angelo Tagliabue: «Anche quest’anno l’Insubria si distingue per la percentuale di laureati in corso, segno che l’esperienza che vivono nel nostro ateneo è positiva, basata su un ottimo rapporto con i docenti oltre che su un ottimo insegnamento. E questo, insieme alle collaborazioni che l’ateneo mette in campo con la realtà sociale e produttiva del territorio, è uno dei fattori che permette i nostri laureati di trovare lavoro con più facilità che nel resto d’Italia».
PROFILO I dati sul profilo dei laureati dell’Insubria sono molto buoni e in certi casi anche migliori rispetto allo scorso anno. Oltre il 60% dei laureati termina l’università in corso, una percentuale nettamente superiore rispetto a quella nazionale del 53,6%: in particolare il 60,6% tra i triennali e il 74,8% tra i magistrali biennali.
Il 59,8% dei laureati dell’Insubria ha svolto tirocini riconosciuti dal proprio corso di studi: un dato importante in aumento rispetto al rapporto 2018 che segnava il 56,7%.
Il 70% dei laureati dell’Insubria ha svolto un’attività lavorativa durante gli studi universitari, rispetto a un dato nazionale che si attesta al 65,4.
Il 91,1% dei laureati si dichiara soddisfatto dell’esperienza universitaria nel suo complesso, l’89,2% apprezza il rapporto con il corpo docente e il 69,7% sceglierebbe nuovamente lo stesso corso e lo stesso ateneo.
OCCUPAZIONE L’indagine sulla condizione occupazionale ha riguardato complessivamente 2.470 laureati dell’Università dell’Insubria. Tralasciando quanti hanno deciso di proseguire negli studi (il 39,9%), sono stati contattati 1.144 laureati triennali del 2017 dopo un anno dal titolo: il loro tasso di occupazione è dell’82,2%, superiore al 72,1 della media nazionale. Tra questi, il 20,4% prosegue il lavoro iniziato prima della laurea, il 18,2% ha cambiato e il 61,4% ha iniziato solo dopo gli studi.
Ma quanti fanno quello per cui hanno studiato? Si è presa in esame l’efficacia del titolo, che combina la richiesta della laurea per l’esercizio del lavoro svolto e l’utilizzo, nel lavoro, delle competenze apprese all’università. Il 61,5% degli occupati, contro il 56,3 nazionale, considera il titolo molto efficace o efficace per il lavoro svolto. Più nel dettaglio, il 56,8% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite all’università.
Per i laureati di secondo livello del 2017 il tasso di occupazione è del 76,5%, contro il 69,4 nazionale. Per i laureati di secondo livello del 2013, intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo, è pari al 90,4% e supera l’85,5% del dato nazionale.
Le retribuzioni arrivano in media a 1.713 euro mensili netti, mentre a livello nazionale si fermano a 1.459 euro. Il 67% degli occupati ritiene la laurea conseguita molto efficace o efficace per il lavoro svolto.
Ma dove vanno a lavorare i laureati dell’Insubria? Il 77,7% è inserito nel settore privato, mentre il 20,5% nel pubblico. La restante quota lavora nel non-profit 1,3%. L’ambito dei servizi assorbe l’83,0%, mentre l’industria accoglie il 14,7% degli occupati; l’1,3% lavora nel settore dell’agricoltura.